L’Italia non è un paese di uragani

Come la storia insegna fortunatamente in Italia, a differenza degli Stati Uniti, il panorama dei disastri ambientali non è cosi ampio e si può ricondurre principalmente a due fenomeni: alluvioni e terremoti.

Quanta paura i terremoti

Nel primo caso, parliamo di cataclismi naturali potenziati da un sottofondo di negligenza, incuria ed inosservanza delle norme di sicurezza. Secondo un recente rapporto del Corpo Forestale dello Stato, 1’82% del totale dei comuni italiani pari al 10% della superficie del territorio italiano, si trova in aree ad elevato rischio idrogeologico. In cima alla classifica delle regioni a maggior rischio idrogeologico, con il t00% dei comuni esposti. troviamo la Calabria, il Molise, la Basilicata, l’Umbria, la Valle d’Aosta. oltre alla provincia di Trento.

A causa delle frane e delle alluvioni, secondo la Coldiretti, in Italia dal 1960 ad oggi sono morte oltre 4mila persone. Con i cambiamenti climatici. sottolinea sempre la Coldiretti, è sempre più urgente investire nella prevenzione. Eppure negli ultimi venti anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione, spiega l’associazione. ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni.
Questo argomento, soprattutto dopo la catastrofe in Abruzzo nel 2009. ha assunto una risonanza esponenziale.

La pericolosità sismica italiana è molto forte soprattutto nei territori appenninici ma anche in altre zone, ed è causata essenzialmente da tre fattori:

  • La particolare posizione geostrutturale della nostra penisola, collocata tra la superplacca africana e quella euroasiatica.
  • La sua ‘giovinezza’ geologica e morfologica.
  • La sua diffusa ‘fragilità’ litologica per la grande presenza, sull’Appennino, di sedimenti terrigeni spesso caoticizzati dalla loro travagliata genesi e, in pianura, da sedimenti spesso soffici e in falda. Calcagni sottolinea anche la necessità e l’importanza di rivedere le classificazioni sismiche. ‘La grande vulnerabilità sismica italiana – dichiara – deriva solo in parte da carenze costruttive. Essa dipende infatti anche da progettazioni basate su norme sismiche che, nel tempo, hanno sempre fatto riferimento a classificazioni sismiche di arcaica concezione, fondate su macrozonazioni a volte già vecchie ed inadeguate al momento della loro emanazione per un determinato territorio e che non hanno mai ben considerato l’approccio locale, delle condizioni geologico-sismiche del singolo territorio e del singolo sito su cui si progettava l’opera.
  • Dal 2011 ad oggi, sono stati programmati studi di Microzonazioni Sismiche. soprattutto di primo livello, per 1.660 comuni, di cui circa 500 già eseguiti e validati. I primi dati che ci giungono da questi studi confermano che la quasi totalità dei territori italiani per le loro caratteristiche geologiche e morfologiche è realmente predisposta a dare, in occasione di sismi intensi amplificazioni sismiche locali e diffusi fenomeni di instabilità locale, quali frane e liquefazioni.